mercoledì 12 maggio 2010

Tapones

foto dal blog http://divariandoenlared.wordpress.com 

Santo Domingo è una metropoli. Molto estesa, anche perché le costruzioni alte non sono molte (i grattacieli hanno cominciato a crescere da 10 anni a questa parte, gli edifici tradizionali sono case a un piano), e quindi la città è cresciuta tantissimo negli anni.
Le distanze sono enormi, e gli spostamenti non semplicissimi.
I dominicani non sono propriamente dei guidatori diligenti ed ordinatissimi, i passaggi da una corsia all'altra - tanto per dirne una - sono repentini (per evitare una buca enorme, per un sorpasso, una Presidente di troppo o anche semplicemente per rimettersi in marcia dopo una sosta), con tutto quel che ne consegue.
Come in qualsiasi grande città bisogna abituarsi ad avere a che fare con i tapones, gli ingorghi frequenti negli orari di punta, ma purtroppo non solo.
Fondamentale, in questo caso, l'aria condizionata in macchina, se si vuole evitare una sauna.

Tutti (tutti) suonano il clacson.
A lungo, insistemente.
Non serve a niente, ma non possono proprio trattenersi.
Non serve a niente perché qua si fermano in mezzo alla strada per far scendere una persona, o per imbarcarne un'altra, o ancora per caricare la spesa. E non gli passa manco per la capa che dietro tutti stanno pitando (suonando il clacson): ci si prende il tempo che serve, con serafica e indifferente calma.
La stessa calma con la quale sostano sotto casa mia, col motore acceso e l'aria condizionata a palla, in attesa (lunga, data la cronica dilatazione dei tempi) di qualcuno che deve arrivare. Il fatto che il fumo dello "scappamento" e la puzza entrano dalla mia finestra non li tange: la sensibilità per l'ambiente e l'inquinamento è molto poco diffusa, se non praticamente assente.
Ma i dominicani sono - generalmente - amables. Una volta, alle 7 del mattino - svegliato nel bel mezzo di un sogno in cui ero con Calindri nella pubblicità del Cynar - sono sceso di casa tra il furioso e l'assonnato e ho cosí individuato la fonte del mio inbubo e del prematuro risveglio: una vecchia ma elegante berlina Lincoln con un distinto signore sulla cinquantina, intento a leggere il suo libro; motore acceso, finestrini chiusi, climatizzatore a palla, in attesa di chissà chi, magari nessuno, piú probabilmente un diplomatico o manager da portare in ufficio.
Gli faccio toc toc, abbassa il finestrino, gli dico che el humo del motor llega hasta mi cama, mi risponde disculpe, ya està apagado, e spegne.
Un signore. O, per lo meno, una persona amable.
Se solo imparassero a spegnere il motore quando stanno parcheggiati li amerei di piu.

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