mercoledì 5 gennaio 2011

Cessi

E lo so che ci saranno cose più amene e interessanti di cui parlare.
Ma non vi scordate che l’intenzione è quella di raccontare il mio modo di vivere Santo Domingo nel day-by-day, e poche cose fanno parte del day-by-day più di questa.
Il gabinetto, tazza o cesso che dir si voglia qua si chiama inodoro. (...)
Ma non è il nome il dettaglio che ci interessa.
Sono altri due.

Il primo è l’acqua alta.
Il secondo è la carta igienica che diventa non igienica.

Andiamo per ordine.
Come credo si veda nella foto, il livello dell’acqua dei cessi dominicani è più alto di quelli italiani.
Nel gabinetto italiano l’acqua rimane nel buco, mentre qui arriva fino alla metà della sua altezza.
E sticazzi, commenterete, travolti dall’eleganza dell’argomento.
E fino a un certo punto, vi rispondo.
Chiunque abbia avuto rapporti con gabinetti siffatti sa quali sono le antipatiche implicazioni. Soprattutto se siete uomini e siete in short o mutande perché fa caldo (come guarda caso qua): farete la pipì assumendo posizioni tra le più strane e ardite, tentando inutilmente di porvi a distanza di sicurezza dagli schizzi di ritorno.
E se invece della pipì farete altro, la situazione non migliora.

Lo so, non è propriamente igienico.
Ma questo è niente, se ci aggiungete la seconda caratteristica dei gabinetti locali.
Ossia che la carta igienica dopo l’uso non si butta dentro, perché se no il cesso si tappa.
La carta igienica si getta quindi nel cestino che in ogni toilette sta affianco alla tazza.
Cestino che a volte possiede l’auspicabile e a questo punto indispensabile coperchio, e altre lamentablemente no.
Simpatico, eh?

Le ragioni di queste scelte strutturali (che non esito a definire sciagurate, pronto a rettifica in caso mi si dimostri il contrario) mi sono del tutto sconosciute.
Giro la domanda al mio amico Marco, che vive da più tempo in Repubblica Dominicana e che in fatto di cessi se ne intende molto più di me.

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